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I Sommergibilisti

Quella dei sommergibilisti è una delle “famiglie” più gloriose della Marina Militare. Gli appartenenti a questa famiglia sono gelosi custodi di una tradizione che ha scritto alcune tra le pagine più eroiche dei grandi conflitti del secolo scorso: sono 23 le Medaglie D’Oro al Valor Militare attribuite a sommergibilisti nel corso delle due guerre mondiali.

Chi sono

I sommergibili della Marina Militare vantano una grande e antica tradizione che risale al 1890, quando fu varato il primo sommergibile italiano (il Delfino) presso l’Arsenale Militare di La Spezia.
Oggi i sommergibili italiani puntano soprattutto sull’eccellenza tecnologica per continuare a garantire la sicurezza dei nostri mari.
Grazie a queste unità e all’elevato grado di professionalità dei loro equipaggi, la Marina Militare è in grado di esprimere capacità di sorveglianza occulta, acquisizione di dati intelligence e proiezione in teatri lontani.

Un po di storia

Origini

La storia dei sommergibili italiani inizia nel lontano 1889, quando nell’Arsenale della Spezia l’ing. Giacinto Pullino, Ispettore del Genio Navale, progetta e poi costruisce la nostra prima unità subacquea, il “DELFINO”. Il “DELFINO” è un battello di un centinaio di tonnellate, lungo 23 metri e largo 3, portatore di significative innovazioni (come fra l’altro, uno dei primi veri periscopi e la prima bussola giroscopica) che lo pongono subito fra le migliori realizzazioni del momento, a base del successivo sviluppo del sommergibile moderno. Così, fra il 1903 ed il 1909 vengono costruiti altri sei battelli (cinque classe “GLAUCO”, nell’Arsenale di Venezia, ed uno, il “FOCA”, alla Spezia), seguiti dalle otto unità della classe “MEDUSA” (costruite fra il 1910 ed il 1913 alla Spezia e a Livorno) e poi altre ancora, sì che alla vigilia del primo conflitto mondiale l’Italia, insieme alla Francia, agli Stati Uniti ed alla Germania (che aveva varato il suo primo battello solo nel 1906), è considerata all’avanguardia nella costruzione di sommergibili, destando l’attenzione delle Marine straniere. Nel 1913, infatti, i cantieri nazionali ricevono commesse dalla Marina tedesca e da quella russa. Allo scoppio del I° Conflitto Mondiale la Marina italiana ha in linea una ventina di sommergibili, che durante il conflitto diventeranno più di sessanta, compresi sedici battelli acquistati all’estero (uno, l'”ATROPO”, fatto costruire in Germania nel 1911 a scopo di confronto; gli altri in Inghilterra e in Canada). Fra di essi figurano tre posamine (cl. “X”) e nove “tascabili” (cl. “A” e “B”, 30 e 40 tonn.). Il dislocamento, via via aumentato, raggiunge le 840 tonn. (cl. “MICCA”). I battelli italiani vengono impiegati prevalentemente in Adriatico e quasi esclusivamente contro naviglio da guerra. Fra gli episodi da ricordare, l’eroico combattimento del Smg. “BALILLA” contro due torpediniere austriache e l’epica testimonianza di italianità di Nazario Sauro, istriano di nascita, imbarcato sul Smg. “PULLINO” come Tenente di Vascello di complemento, catturato dagli austriaci il 31 luglio1916 ed impiccato a Pola dieci giorni dopo.

Le due guerre mondiali

Nel periodo fra le due guerre poche sono le innovazioni tecniche sostanziali apportate al sommergibile, ormai evoluto. Oltre all’irrobustimento dello scafo, reso idoneo a scendere sotto i cento metri, al miglioramento delle sistemazioni di salvataggio e dall’adozione di telecomandi oleodinamici, rilevante é lo studio di un’importante apparecchiatura che, utilizzata realmente solo a partire dalla metà della 2^G.M., rimarrà poi strumento fondamentale per il moderno sottomarino a propulsione convenzionale: lo “snorkel”, un sistema che, fornendo una comunicazione con l’atmosfera al sommergibile immerso a quota periscopica, consente l’uso dei motori diesel (e, quindi, la ricarica delle batterie) ed il ricambio dell’aria nel battello senza necessità di risalire in superficie, conservando così in massima parte l’occultamento.
L’invenzione dello snorkel viene generalmente attribuita ai tedeschi, che per primi lo impiegarono in guerra, sul finire del 1943; i più informati ne fanno risalire l’origine agli olandesi, che lo istallarono sui loro battelli della classe “O” negli anni fra il ’37 ed il ’40. In realtà, lo snorkel è un invenzione italiana. Fu, infatti, il Maggiore del Genio Navale Pericle Ferretti a condurre i primi studi, intorno al 1920, presso l’Arsenale di Taranto. Egli stesso, poi, realizzò un prototipo che nel 1925 fu felicemente sperimentato sul Smg. “H3” (uno dei battelli acquistati in Canada durante la 1^ G.M.).
In Italia, dopo la stasi del primo dopoguerra, la costruzione di sommergibili riprende nel 1925. La progettazione é indirizzata verso due tipi di battelli, “oceanici” e “costieri” (rispettivamente sopra e sotto il migliaio di tonnellate di dislocamento), secondo le indicazioni tratte dall’esperienza bellica. Vengono così realizzati dapprima dei prototipi in piccola serie (cl. “MAMELI”, “PISANI”, “BALILLA 2°” ed altri), i quali consentono la sperimentazione per i progetti successivi.
Poi, soprattutto negli anni ’30, sotto la spinta degli eventi politici mondiali, la produzione viene intensificata a tal punto che, nel 1940, la Marina italiana entra in guerra con 115 sommergibili: una delle maggiori flotte subacquee del mondo. In essa, oltre ad alcuni altri prototipi, si contano ben nove classi di battelli oceanici ed otto di unità costiere. Particolarmente riuscita si dimostrerà la “classe 6OO” nelle sue diverse serie, prodotta anche per Marine straniere.
Nella 2^ Guerra Mondiale l’importanza del sommergibile cresce sensibilmente; l’estensione intercontinentale del conflitto rende vitali le comunicazionisu tutti i mari e, di conseguenza, la guerra sottomarina assume un ruolo primario.
Mentre le costruzioni si susseguono a ritmo serrato (nel corso della guerra l’industria nazionale produrrà ancora una trentina di battelli di linea, oltre a 22 “tascabili”), le prestazioni dei sommergibili vengono vieppiù migliorate. Aumenta l’autonomia, che nei battelli oceanici raggiunge le 20.000 miglia, così come l’armamento (fino a 14 tubi di lancio e 40 siluri). Il siluro si perfeziona e diventa più affidabile. La quota massima scende oltre i 130 metri. La velocità in superficie raggiunge i 20 nodi. Per il combattimento in superficie, al cannone si aggiungono mitragliere antiaeree.
Per contro, anche le tecniche di lotta antisommergibile si affinano. L’elettronica fornisce mezzi di localizzazione subacquea (“ASDIC”) più efficienti mentre le bombe di profondità diventano più micidiali.L’aereo, poi, si rivela l’avversario più temibile per il sommergibile.
Comunque, fino al 1942 il successo dell’offesa sottomarina è elevatissimo. Come nella I Guerra Mondiale, l’efficacia maggiore si trova ancora in Atlantico, teatro favorevolmente ricco di traffico, dove operano sommergibili italiani e tedeschi. I battelli italiani, che prima della costituzione della base a Bordeaux (“Betasom”) dovevano forzare lo stretto di Gibilterra, vengono di norma impiegati isolatamente nell’Atlantico centrale e meridionale, dove il traffico è meno intenso e fortemente scortato. Ciò nonostante, i risultati non mancano: quasi 600 mila tonnellate di naviglio affondato con un “exchange rate” (ossia, il rapporto fra tonnellate di naviglio affondato e battelli perduti) praticamente uguale per entrambe le Marine.
La guerra che i nostri battelli combattono in Atlantico è dura, con missioni lunghe ed estenuanti, ma condotta sempre con tenacia e, soprattutto, con umanità, com’è testimoniato dagli episodi, alcuni famosi, di generosità verso i naufraghi. In Mediterraneo ed in Mar Rosso i nostri sommergibili si trovano ad affrontare quasi esclusivamente naviglio militare, sotto una pressione aerea pressoché costante; i risultati, perciò non sono vistosi ma certamente significativi. Fra i principali successi, l’affondamento, in azioni diverse, di quattro incrociatori inglesi.
In Mar Nero opera un piccolo gruppo di battelli “Tascabili” trasportati fino là per ferrovia; i risultati piu’ importanti sono l’affondamento di tre sommergibili sovietici.
Degne di menzione, fra le tante, sono indubbiamente anche le audaci operazioni a supporto dei nostri “mezzi d’assalto”, in particolare quelle compiute dal Smg. ” SCIRE’ ” che, dopo i successi di Gibilterra e di Alessandria, si perde, con tutto il suo equipaggio e con gli “incursori”, nelle acque di Haifa mentre, nell’agosto del ’42, conduce un’altra missione speciale. E, ancora, la vicenda del Smg. “TORRICELLI” che, nel ’40, in Mar Rosso, nell’impossibilità di immergersi, sostiene uno strenuo combattimento in superficie contro soverchie forze avversarie e, dopo aver colpito a morte un cacciatorpediniere inglese, per evitare la cattura si autoaffonda, riscuotendo dal nemico gli onori militari.
Dopo il 1942, la crescente efficacia della lotta “antisom” sovverte le sorti della guerra subacquea. Sono soprattutto il radar e l’uso intensivo dell’aereo a contrastare il sommergibile, che risulta sempre più vulnerabile, specialmente in superficie. Si adottano, così, nuove misure, come la riduzione del volume delle sovrastrutture e la revisione dei criteri d’impiego e delle tattiche operative. Alcuni battelli oceanici vengono ritirati dalla linea ed adattati al trasporto. I tedeschi ricorrono allo snorkel ed approntano una sorta di intercettatore di onde radar.
Ormai, però, il sommergibile non riesce più ad ottenere i risultati di prima, mentre le perdite si fanno più ingenti, fino a superare il numero di navi affondate. Alla data dell’8 settembre 1943, la forza subacquea italiana, che nel corso del conflitto aveva acquisito fino a 184 battelli, è ridotta a 54 unità, delle quali soltanto 34 sono in grado di muovere; queste, in base alle clausole d’armistizio, passano ad operare con gli Alleati con funzioni prevalentemente addestrative e, alla fine della guerra, vengono demolite o consegnate ai vincitori in conto riparazioni di guerra.
Rimangono solo i Smgg. “GIADA” e “VORTICE”, salvati dalla distruzione con vari espedienti.

Nel dopoguerra

La ricostituzione della forza subacquea italiana dopo la 2^ G.M. comincia, nel 1948,  con il “GIADA” ed il “VORTICE”, allora ribattezzati “PV 1” e “PV 2” (“Pontone veloce” di carica) e formalmente impiegati per produrre energia elettrica con le loro dinamo. Nel 1952, venute meno le clausole del Trattato di pace che proibivano all’Italia di possedere sommergibili, il “Giada” e il “Vortice” vengono reintegrati nel naviglio con il loro nome ed utilizzati per la ripresa dell’addestramento.
Più tardi, con l’entrata dell’Italia nella NATO, la Marina degli Stati Uniti cede a quella italiana alcuni battelli delle classi “GATO” e “BALAO”. Così, tra il ’54 e ’66, entrano a far parte della nostra Marina cinque battelli, ribattezzati con i nomi di sommergibili distintisi particolarmente nella 2^ G.M.: “TAZZOLI”, “DA VINCI”, “TORRICELLI”, “CAPPELLINI” e “MOROSINI”.
Ad essi seguiranno, nel ’73, il “GAZZANA” ed il “LONGOBARDO”(cl. TENCH/GUPPY) e, nel ’74, il “PIOMARTA” ed il “ROMEI” (cl. TANG), tutti intitolati ad alcuni fra i più prestigiosi Comandanti di sommergibili, caduti in guerra.
Nel frattempo, ricostruito sullo scafo del “BARIO”, un battello della classe “TRITONE” ancora in cantiere alla data dell’armistizio e scampato tanto alla distruzione da parte dei tedeschi quanto la demolizione post-bellica, nel 1961 entra in servizio il Smg. “CALVI”.
Ma la vera ricostruzione della forza subacquea italiana inizia con la realizzazione dei quattro battelli della cl.”TOTI” (“TOTI”, “BAGNOLINI”, “DANDOLO” e “MOCENIGO”) con i quali, nella seconda metà degli anni ’60, l’industria  nazionale ritorna a costruire mezzi subacquei, dopo una stasi di oltre vent’anni.
Intanto, presso le principali Marine si era definitivamente affermato il sottomarino nucleare il quale, risolto finalmente l’antico problema del propulsore unico, aveva ricondotto il mezzo subacqueo dalla concezione di “sommergibile” (concezione uscita sconfitta dalla 2^ G.M.) a quella originaria di “sottomarino”. Anche la Marina italiana, nei primi anni ’60, aveva intrapreso la progettazione di un battello atomico, che avrebbe dovuto portare il nome di “MARCONI”; ma per l’adesione dell’Italia al trattato di non proliferazione nucleare e per altri impedimenti di carattere politico, l’impresa non ebbe seguito.
Così, seguendo anche la tendenza manifestatasi presso altre importanti Marine (talune, peraltro, già dotate di sottomarini nucleari), basate su valide considerazioni di ordine strategico/tattiche e tecnologiche, viene dato nuovo impulso allo studio di un moderno “sottomarino” a propulsione convenzionale; studio che nei battelli della classe “SAURO” (“SAURO”, “DI COSSATO”, “DA VINCI”, “MARCONI”, “PELOSI” e “PRINI”), entrati in servizio a partire dalla fine degli anni ’70, trova concreta realizzazione.
A queste seguiranno, fra il ’93 e il ’94, altre due unità che porteranno nuovamente i nomi di “LONGOBARDO” e “GAZZANA”.

La flotta dei sommergibili

Classe Sauro

Il progetto della classe Sauro si inquadra quale naturale evoluzione dei sottomarini classe TOTI, unità estremamente silenziose e dotate di eccellenti doti di manovrabilità in immersione che parteciparono, con ottimi risultati, a tutte le più importanti esercitazioni interalleate nel Mediterraneo degli anni ’70 ed ’80.
Per la classe SAURO la Marina decise di mettere allo studio una nuova classe di sottomarini con prestazioni globalmente superiori. Venne quindi ordinata al cantiere di Monfalcone una prima serie di due battelli: il Sauro ed il Carlo Fecia di Cossato.
La loro realizzazione ebbe inizio alla fine degli anni ‘70 e mentre erano ancora in costruzione venne ordinata una seconda serie di due sottomarini della stessa classe: il Leonardo Da Vinci e il Guglielmo Marconi. Successivamente la M.M. ha commissionato, sempre al cantiere di Monfalcone, una terza  serie di Sauro:  il Salvatore Pelosi ed il  Giuliano Prini.
Queste ultime unità, con mezzo metro di lunghezza in più rispetto ai precedenti, non rappresentarono il termine del progetto Sauro, in quanto altre due unità ulteriormente più grandi e con caratteristiche migliorate (IV^ Serie) furono impostate a metà anni ’80 con i nomi di Primo Longobardo e Gianfranco Gazzana Priaroggia.
I sottomarini Sauro III e IV serie sono stati sottoposti a radicali lavori di ammodernamento (refitting) per renderli ancora più silenziosi e dotarli di un nuovo sistema di comando e controllo. I sottomarini della classe Sauro ammodernati rispondono pienamente alle attuali esigenze operative ed hanno ottenuto brillanti successi in numerose operazioni ed esercitazioni internazionali.
A seguito del ritiro dalla linea operativa dei battelli Sauro I e II serie, attualmente la componente subacquea dei batteli classe Sauro è composta dai sottomarini Pelosi, Prini, Longobardo e Gazzana.
Concepiti negli anni ottanta come strumenti prevalentemente impiegabili per il contrasto alla minaccia subacquea del blocco sovietico, i sottomarini convenzionali della classe SAURO hanno subito notevoli migliorie e modifiche tecniche nel corso della loro vita, per consentirne l’adattamento alle esigenze operative del nuovo millennio.
In particolare, al termine degli anni novanta, il sistema di combattimento è stato oggetto di un profondo rinnovamento con l’istallazione del sistema sonar integrato STN Atlas – ISUS 90-20 e del sistema radio IRCS con capacità satellitare.
Le unità possono svolgere operazioni di sorveglianza occulta (controllo e difesa di particolari zone di mare), localizzazione, ombreggiamento ed attacco a sottomarini ed unità di superficie, appoggio ad operazioni speciali, raccolta di informazioni.

L’apparato di propulsione

Di tipo Diesel elettrico, è strutturata su un’unica elica di propulsione mossa da un motore elettrico a doppio indotto. L’energia può essere fornita dai 3 gruppi Diesel dinamo e/o dalla batterie di propulsione a seconda dell’assetto di navigazione.
Come ogni sottomarino convenzionale questa classe è dotata di un impianto snorkel che permette di aspirare aria all’interno dell’unità, a quota periscopica, consentendo di ricaricare le batterie.

Il Sistema di Combattimento

Dispone di Sistema integrato di Comando, Controllo e Lancio Armi ISUS 90-20 della tedesca STN ATLAS Elektronik , dotato di cartografia elettronica e capace di gestire i siluri italiani A184 mod.3 della ditta WASS;
Impianto SONAR ISUS 90-20 della STN ATLAS Elektronik, dotato di base conforme in media frequenza,  base circolare per sonar attivo, intercettatore in alta frequenza, sistema di rilevamento del rumore proprio;
Sistema periscopico MOD.324  dell’americana Kollmorgen  dotato di intensificatore di luce e apparati di videoregistrazione;
Sistema ESM BLD 727 della ditta italiana Elettronica S.p.A.;
Radar MM/BPS 704-V2 della ditta SMA;
Sistema di Telecomunicazione integrato della tedesca Hagenuk Marinekommunikation

Classe Todaro

Il Programma U-212A deriva dall’esigenza della Marina Militare Italiana di disporre di una nuova classe di sottomarini rispondenti alle attuali esigenze operative.
Allo scopo di perseguire tale obiettivo, la MMI ha ritenuto necessario procedere sulla strada di una cooperazione internazionale con la Germania, che, sulla base di un progetto precedentemente definito, aveva già finalizzato nel 1994 un Programma per la realizzazione di 4 nuovi sottomarini denominati “Classe U-212”.
L’elemento essenziale che ha portato a tale determinazione è rappresentato dalle estese comunalità ravvisate sia per quanto attiene il requisito operativo, che per la tempistisca di realizzazione delle nuove Unità subacquee.
La collaborazione tra ITALIA e GERMANIA, finalizzata a soddisfare le esigenze di entrambe le Marine si è quindi definitivamente basata sul nuovo progetto, denominato “U212A” ed è stata formalizzata con un accordo governativo fra i due Ministeri della Difesa delle due nazioni, siglato il 22 aprile 1996 (Memorandum Of Understanding – MOU U212A). Gli elementi salienti di tale accordo sono:
costruzione in Italia ed in Germania di sottomarini identici tipo U-212A (4 battelli in Germania e 2 in Italia) con l’opzione per la costruzione da parte italiana di ulteriori 2 unità. L’opzione è stata esercitata e le ulteriori due Unità della classe, identiche alle prime, saranno consegnate alla M.M.I. entro il 2015/6;
integrazione dei supporti tecnico-logistici ed addestrativi italiano e tedesco per realizzare economie di esercizio e la base per una piena interoperablità.
Si tratta di sottomarini di medie dimensioni caratterizzati dall’impiego di tecnologie innovative che permettono prestazioni molto avanzate, particolarmente notevoli nel settore dell’autonomia occulta, delle segnature, del sistema elettroacustico e di lancio delle armi.
Lo scafo resistente è formato da due cilindri di diverso diametro, collegati tra loro da un tratto tronco-conico lungo due metri; il corpo prodiero è a scafo singolo; il corpo poppiero è a doppio scafo per l’esistenza di uno scafo leggero che inviluppa i contenitori di ossigeno ed idrogeno necessari per il sistema A.I.P.; le estremità dello scafo resistente sono chiuse da due calotte sferiche ribassate.

L’apparato di propulsione

E’ composto da un gruppo diesel generatore MTU, da una batteria di accumulatori al piombo, da un motore elettrico a doppio indotto SIEMENS Permasin e da un sistema di generazione di energia elettrica composto da Celle a Combustibile (Fuel Cell di tipo PEM).

Il Sistema di Combattimento

Dispone di apparato SONAR DBQS-40 della STN Atlas Elektronik, dotato di base circolare, flank-array, towed-array, intercettatore ASM, sistema di rilevamento del rumore proprio;
sistema integrato di comando e controllo armi (tipo B.C.W.C.S.) MSI90U della norvegese Kongsberg Defence AS, capace di gestire i siluri italiani A184 mod.3 della ditta WASS;
sistema periscopi SERO 14/15 della tedesca Zeiss Eltro Optronik;
sistema ESM FL 1800U della DASA
radar Elna Hughes;
sottosistema Tlc integrato della tedesca Hagenuk Marinekommunikation

Come diventare un sommergibilista

L’ingresso nella Componente Sommergibili è riservato agli Ufficiali, Sottufficiali, Graduati e Truppa già appartenenti alla Forza Armata.
Dopo un processo di selezione, basato sulla verifica di stringenti requisiti fisici, l’aspirante sommergibilista segue un addestramento specifico presso il Centro Addestramento Sommergibili di Taranto, un percorso teorico- pratico comune a tutte le categorie e a tutti i ruoli, dai cuochi agli ufficiali destinati al Comando.
L’aspirante sommergibilista effettua un “Tirocinio Basico” di 18 settimane, 11 delle quali svolte a bordo di un sommergibile. Questa è solo una delle fasi dell’addestramento di un sommergibilista, che continuerà per tutta la durata della carriera, con continui aggiornamenti e verifiche. Si tratta di una formazione dura, complessa ed articolata, che viene svolta da personale istruttore di elevata esperienza, avvalendosi di strumenti ed ausili didattici all’avanguardia. Particolare importanza è riservata all’addestramento all’uso delle procedure e delle dotazioni di sicurezza.

Fonte: sito web della Marina militare.

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